Indice degli argomenti
- 1 Che cos’è l’infarto cardiaco?
- 2 Cause principali dell’infarto miocardico
- 3 L’avanzamento dell’età
- 4 Predisposizione genetica verso l’infarto miocardico
- 5 Diversità di sesso
- 6 Alto livello di colesterolo cattivo (LDL)
- 7 L’ipertensione, il diabete e l’eccesso di peso che sfocia nell’obesità
- 8 Lo stress
- 9 Stile di vita sedentario
- 10 Modalità di verifica dell’infarto cardiaco
- 11 Sintomatologia dell’infarto cardiaco
- 12 Differenze tra ischemia e infarto cardiaco
- 13 Come si determina l’ischemia cardiaca
- 14 Cosa succede se parte del cuore va in necrosi
- 15 Quando è opportuno consultare il medico
- 16 Terapia medica per l’infarto miocardico
Che cos’è l’infarto cardiaco?
L’infarto cardiaco avviene quando l’approvvigionamento di sangue nella zona muscolare miocardica diminuisce o si arresta a causa dell’ostruzione delle arterie coronarie. Statisticamente l’infarto miocardico è una patologia che affligge oltre duecentomila persone all’anno nel nostro paese e nel 33% dei casi provoca la morte. La gravità delle conseguenze dipendono essenzialmente dalla zona interessata. Infatti nel caso la lesione si estende a tutto il miocardio provoca la morte, altrimenti invalidità di entità variabile.
Cause principali dell’infarto miocardico
Bisogna immaginare le arterie coronariche come delle tubature perfettamente pulite e funzionanti, in cui il flusso sanguigno scorre incontrastato ai ritmi dettati dal cuore. Secondo le statistiche mediche, nella maggior parte dei casi, l’infarto miocardico viene scatenato da un grumo di sangue coagulato che va ad ostruire l’aorta. Raramente accade che esso sia causato dalla contrazione spasmodica di un arteria. Tuttavia esistono svariati fattori che contribuiscono alla formazione di lesioni che minano il funzionamento corretto di questi organi. Vediamo con precisione quali sono le principali cause.
L’avanzamento dell’età
Il fenomeno di aterosclerosi coronarica, come quella della maggior parte degli organi umani, è una patologia degenerativa causata incommensurabilmente dall’attività del sangue nei vasi. Contrariamente a tutti i trattamenti estetici per ringiovanire il nostro aspetto esteriore, all’interno nessuno ci può regalare l’elisir dell’eterna giovinezza.
Predisposizione genetica verso l’infarto miocardico
Determinate tipologie di malattie tendono a tramandarsi geneticamente di padre in figlio, quindi se non si prendono le dovute precauzioni e non si conducono stili di vita appropriati, ci si ammala inevitabilmente. Ecco perché i discendenti dei pazienti cardiopatici devono osservare un certo stile di vita e mantenere alta l’attenzione.
Diversità di sesso
Le donne sono sicuramente colpite di meno rispetto agli uomini. Il tasso di infarti nelle donne in età feconda è sensibilmente più basso rispetto a quello degli uomini. Lo stesso tasso va poi eguagliandosi superando la menopausa. Insieme alla diversità di sesso si unisce il fattore di calcificazione dell’aorta che avviene sempre come processo di senilità dei vasi. Tramite un esame chiamato Termografia a fascio di elettroni si può evincere come la presenza di calcificazioni nelle donne in età media di circa 50 anni tendono a far ammalare quelle pazienti nell’arco dei successivi 15 anni o per infarto o per altra patologia coronarica. Questa tecnica è utile per la prevenzione perché quelle donne che saggiamente hanno modificato il proprio stile di vita hanno abbassato il rischio di infarto sensibilmente. Nelle donne le conseguenze dell’infarto sono più gravi rispetto agli uomini.
Alto livello di colesterolo cattivo (LDL)
I grassi sono la principale causa di infarto, divisi nel colesterolo cattivo, le trigliceridi e la diminuzione del colesterolo buono (HDL), che invece ha funzioni protettive. Attenzione però a non considerare l’ipercolesterolemia come una malattia, ma è solo un grande fattore di rischio, prendendo le giuste precauzioni. Esso non va annullato perché è alla base delle cellule che costituiscono l’organismo umano ma va essenzialmente controllato. Il lato negativo è che a causa delle cattive abitudini alimentari a cui siamo sottoposti, tende ad essere molto elevato, e a lungo andare può creare problemi seri. Dei buoni livelli di colesterolo si aggirano attorno ai 200 mg/ml e oggi giorno, visto il problema dell’ereditarietà genetica, è giusto porsi il problema sin dalla nascita. Di contro, molti si domandano se sia una scelta giusta quello di controllare la colesterolemia negli ultra settantenni, anche se è sempre una cosa utile. Bisogna stare attenti allo stato ansioso che si genera in molti anziani per il controllo spasmodico del tasso di colesterolo.
L’ipertensione, il diabete e l’eccesso di peso che sfocia nell’obesità
Molto spesso questi tre fattori vanno a braccetto, infatti più il peso aumenta più aumenta la pressione sanguigna. Per smaltire gli zuccheri in eccesso il pancreas non riesce più a produrre quantità di insulina adeguata e così aumenta anche la glicemia. In seguito se la persona tende a ridurre l’attività fisica ed a condurre uno stile di vita sedentario aumentano anche i grassi nel sangue. Inoltre più aumenta il peso, più il cuore fa fatica nel pompaggio del sangue. Questi fattori sono molto più evidenti nelle popolazioni occidentali. Secondo la statistica il 30% della popolazione è in sovrappeso e difficilmente si riesce a mantenere il peso ideale. Generalmente il peso ideale di un individuo si calcola come il numero di chili pari ai centimetri che vanno oltre il metro nella propria altezza. Quindi nel caso di un uomo alto 1,90 il peso ideale sarà circa 90 kg, kilo più kilo meno a seconda dei casi di fisico robusto o esile. Questo criterio vale per un uomo nel pieno delle proprie attività fisiche. Per un over 60 è consigliabile ridurre quel numero del 10%. Gli studi medici inoltre hanno dimostrato che l’aumento del 20% del proprio peso ideale aumenta del doppio il rischio di malattie coronariche ed aumenta del triplo se ad esso si unisce l’ipercolesterolemia e l’ipertensione.
L’infarto miocardico è stato denominato insieme al tumore la malattia del secolo. Ma da una statistica effettuata negli Stati Uniti se scomparisse il cancro tra le possibili malattie, la vita media ne gioverebbe di due anni. Invece se sparisse l’obesità si allungherebbe di ben cinque anni.
Lo stress
Talvolta sopravvalutare un fattore di rischio non è sempre una cosa sbagliata. Infatti lo stress è causa di numerose patologie e molte persone tendono ad esserne terrorizzati, forse a causa della grande diffusione del termine, e della molteplicità di conseguenze correlate ad esso. Di sicuro è utopia cercare di modificare in maniera positiva l’ambiente in cui viviamo, sebbene si stia lavorando per raggiungere questi obiettivi e cioè modificare quei comportamenti legati all’ambiente che ci circonda e che possono costituire un elemento di rischio per il cuore. Gli studi di psicologia e relazioni sociali hanno stabilito uno specifico comportamento chiamato personalità di tipo A che a quanto pare è un fattore di rischio per infarti. Essa è costituita da una serie di atteggiamenti che determinano un certo tipo di personalità le cui caratteristiche sono la fretta, la competitività in famiglia e nel lavoro, ostilità verso l’ambiente circostante e l’impazienza. La psicologia nella vita è molto importante, e la ripresa delle proprie attività cercando di cambiare mentalità, entrando in una diversa ottica permette di reinserirsi totalmente nella società chiudendo così un periodo di vita piuttosto oscuro, ricostruendo così su nuove fondamenta la propria personalità.
Veniamo alla pratica. Sarebbe ottimale imparare ad adottare una serie di comportamenti auto difensivi come l’eliminazione degli eccessi di lavoro, il tentativo di affrontare un problema per volta e non tutti insieme non concludendo nulla nonché cercarsi un hobby per far dilettare lo spirito. Questo può essere un buon metodo per diminuire lo stress.
Stile di vita sedentario
Come già preannunciato, la sedentarietà e la pigrizia sono due fattori direttamente proporzionali all’aumento di peso. Il corpo umano gestisce come un contabile le entrate e le uscite. Eliminare le uscite costituite dal dispendio calorico mantenendo costanti se non aumentando le entrate costituito dal cibo, si traduce direttamente con accumuli di adipe ed aumento di peso. Dalle statistiche possiamo evincere che una buona attività fisica riduce sensibilmente il rischio di patologie cardiovascolari, sia per chi non ha mai avuto infarti, sia per chi sia stato già colpito. L’attività fisica può incidere in maniera benefica sull’organismo in maniera sia diretta che indiretta. L’attività fisica aiuta il fisico direttamente permettendo di ridurre i battiti cardiaci e la pressione arteriosa durante le prove da sforzo, con risparmio di ossigeno da parte del sistema muscolare. Permette inoltre un miglioramento della capacità lavorativa. L’attività fisica può aiutare il fisico indirettamente tramite l’aumento del tasso di colesterolo buono, nella riduzione della pressione, nella cura del diabete e nell’abbassamento delle trigliceridi. Contribuisce alla perdita di peso combattendo l’insorgere dell’obesità e combatte anche del vizio del fumo. Diventa facile capire come una buona attività fisica non vada evitata ma incoraggiata e praticata. La vita sedentaria è invece da condannare e da eliminare. Bisogna invertire la tendenza che ha una persona che si è ammalata di infarto a rimanere in periodi di inattività.
Modalità di verifica dell’infarto cardiaco
Attenzione alle manie di protagonismo. L’infarto cardiaco infatti, differentemente da quello miocardico, è essenzialmente la conseguenza inaspettata di una patologia già preesistente da anni. Improvvisamente la situazione precipita. Come può essere? Dopo un intenso sforzo fisico praticato da una persona che per anni non ha fatto altro che stare seduto ad un tavolino per lavoro, o dietro ad una scrivania piuttosto che in auto, insomma da una persona che non ha mai fatto attività fisica. Non solo, ma l’infarto cardiaco può verificarsi anche in seguito ad un brusco litigio che sia in ambito familiare o lavorativo, oppure per intense emozioni negative, come spesso accade nelle fiction. Nella maggioranza dei casi è difficile risalire all’innesco dell’infarto ma sempre la statistica ci dice che il periodo in cui avvengono più infarti è tra dicembre e gennaio durante le prime ore del mattino, quando la persona è in stato di completo riposo.
Sintomatologia dell’infarto cardiaco
Il sintomo inconfutabile e inequivocabile della presenza in atto di un infarto cardiaco è il dolore anginoso al petto, in direzione del cuore. È un tipo di dolore molto forte e prolungato manifestatosi inizialmente come fastidio al petto e intensificatosi col passare del tempo, fino a diventare lancinante. Esso può estendersi dietro le spalle, sotto al collo, fino ad arrivare alla schiena, ma anche alle braccia, coinvolgendo soprattutto quello più vicino al cuore. Nel frattempo la parte superiore del corpo è tappezzato da una sudorazione fredda. Si può avvertire un senso di stordimento e naturalmente una mancanza di fiato notevole dovuta all’impossibilità del cuore di svolgere le sue normali funzioni di pompa di sangue a regime efficace, determinando così una vera e propria sensazione di oppressione nel petto. In alcuni casi può sopraggiungere uno stato di nausea. Se il paziente è in grado di riconoscere questi sintomi allora può ancora avere il tempo di salvarsi la vita. Qualora non si abbia né la lucidità né la conoscenza della sintomatologia allora sarà difficile salvarsi. In alcuni casi sia l’infarto che l’ischemia possono non essere preceduti da dolore. In tal caso vengono definite come silenti o fulminanti, che non danno nemmeno la possibilità al povero malcapitato di accorgersene. Tutti i fattori che caratterizzano le ischemie o gli infarti di tipo silente non sono tanto diversi dalle forme precedute dal dolore. L’assenza di dolore, che costituisce il nostro campanello di allarme, espone il paziente ad un rischio talmente elevato che nella maggior parte dei casi conduce alla morte.
Differenze tra ischemia e infarto cardiaco
L’infarto cardiaco è quando il muscolo cardiaco smette totalmente di essere irrorato da flusso sanguigno, la sintomatologia è prolungata e il cuore comincia a subire danni permanenti, andando lentamente verso la morte, costituendo una condizione drammaticamente stabile ed irreversibile. Un’ischemia cardiaca consiste in uno stato di sofferenza del cuore che in questo caso non è adeguatamente irrorato dal flusso sanguigno. È una condizione reversibile e momentanea che può essere curata con il riposo e con farmaci adeguati. Questi due tipi di patologie che sembrano così diversi in realtà sono separati da un confine molto sottile. Infatti ciò che determina il passaggio da ischemia ad infarto è il tempo effettivo di assenza di irrorazione sanguigna. Il cuore riesce a resistere senza approvvigionamento di sangue per un tempo inferiore ai trenta minuti, oltre il quale inizia a sopraggiungere la necrosi e quindi la morte.
Come si determina l’ischemia cardiaca
L’ischemia cardiaca avviene quando vi è una maggiore domanda da parte dell’organismo di ossigeno e sostanze nutritive trasportate dal sangue, a causa probabilmente di uno sforzo fisico più o meno elevato. Naturalmente questa domanda non può ricevere una risposta adeguata a causa dei restringimenti dei vasi coronarici, denominati stenosi. Questa discontinuità tra la domanda esosa e l’approvvigionamento scarso è chiamata Angina da Sforzo.
Cosa succede se parte del cuore va in necrosi
Tecnicamente quando avviene un infarto cardiaco una parte della parete del cuore che va in necrosi perde la sua natura contrattile, si cicatrizza, si assottiglia, e viene costretta a sporgere durante la contrazione delle altre parti dando origine a ciò che si conosce come Aneurisma Ventricolare. Non sempre si verifica questa eventualità ma sempre questo assottigliamento della parete può provocare la compromissione della geometria ventricolare, che è governata dalle leggi della fisica, e quindi va ad inficiare l’efficienza meccanica di quella pompa che è il cuore. È facile comprendere come le conseguenze di un infarto cardiaco sono tanto gravi quanto maggiormente è estesa la zona parietale andata in necrosi. La gravità di un infarto può essere determinata anche dalla posizione della zona assottigliata. Si ritiene che la zona posteriore o inferiore sia meno compromettente di quella anteriore. Tuttavia la questione dell’estensione è preponderante, per cui è decisamente buona norma fare la differenza tra infarti piccoli in zone di modeste entità da infarti estesi. Nella male augurata ipotesi di un secondo infarto, i danni permanenti possono sommarsi se esso interessa una zona del cuore diversa dal primo.
Quando è opportuno consultare il medico
Retoricamente, considerando la gravità della patologia, è opportuno chiamare immediatamente l’ambulanza per raggiungere il pronto soccorso al più presto possibile. Il fattore tempo è essenziale in questa patologia. Abbiamo spiegato poc’anzi che la linea di demarcazione tra ischemia cardiaca ed infarto cardiaco è costituita dallo scorrere inesorabile del tempo. Al pronto soccorso, provvederanno dopo un elettrocardiogramma, a sottoporvi alle analisi del sangue per il dosaggio degli enzimi sprigionati dal cuore durante l’infarto.
Terapia medica per l’infarto miocardico
Negli ultimi 30 anni, la medicina e la chirurgia hanno fatto passi da gigante per la cura degli infarti. Infatti prima si procedeva con l’alleviare il dolore al petto e cercare di tamponare e trattare le complicanze a breve termine. Oggi giorno invece esistono cure farmacologiche come i trombolitici, che permettono di sciogliere i grumi di sangue che hanno potuto causare l’infarto, oppure la tecnologia chirurgica del By-Pass, cioè l’utilizzo di una vena chiamata Safena per costruire dei veri e propri ponti sull’ostruzione dovuta ad accumulo di grasso. Un altra tecnologia chirurgica è l’angioplastica che si basa sull’uso di palloncini dilatatori delle coronarie che sono affette da stenosi. Infine, possiamo di sicuro riassumere dei punti fondamentali che servono ad ognuno di noi per aiutarci ad evitare e prevenire questa patologia che affligge l’umanità da un secolo a questa parte. In particolare bisogna:
- eliminare il vizio del fumo;
- ritornare e mantenere il peso forma;
- condurre un’alimentazione sana;
- praticare regolare attività fisica senza strafare;
- controllare periodicamente pressione, glicemia e colesterolo.
E soprattutto bisogna ricordarsi che dopo un infarto si può ritornare ad una vita normalissima perché un piccolo infarto non ha gravi conseguenze. Serve solo pazienza e tanta buona volontà.