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L’elettroencefalogramma o EEG è il grafico registrato da un apparato scrivente su un rotolo di carta o pellicola in movimento, facenti parte di uno strumento capace di registrare i fenomeni elettrici derivanti dall’attività cerebrale. È possibile misurare le variazioni di potenziale elettrico usando un elettrodo fissato alla scatola cranica e collegato all’elettroencefalografo capace di misurare e di registrare. Queste differenze di potenziale, osservabili sotto forma di onde, hanno negli individui normali caratteristiche definibili con precisione. Queste caratteristiche possono essere alterate da disturbi dell’attività cerebrale e da questo tipo di cambiamenti il medico può capire la natura e l’entità del disturbo. L’elettroencefalogramma ha già dimostrato una enorme importanza nell’esame di pazienti affetti da epilessia, tumori cerebrali e disturbi vascolari del tessuto cerebrale.
Le differenze di potenziali misurabili sulla superficie del capo rappresentano solamente una parte molto limitata dell’attività elettrica del cervello, per cui l’elettroencefalogramma (EEG) fornisce un quadro incompleto di tutti i possibili disturbi che possono alterare l’attività cerebrale. Alcune affezioni cerebrali (epilessia e tumori) sono accompagnate da segni distintivi caratteristici nel tracciato dell’elettroencefalogramma (EEG), mentre nel caso di altri disturbi, come demenza o oligofrenia, l’EEG non mostra alcun tipo particolare di tracciato o comunque mostra modificazioni meno evidenti. A volte, impiegando altri metodi di rivelazione, è possibile ottenere dati che portano alla fine alla esatta diagnosi del disturbo. La variazione di potenziale elettrico del cervello, registrata dall’esterno della scatola cranica, possiede un voltaggio minimo e deve essere amplificata milioni di volte prima di diventare sufficientemente sensibile da poter essere registrata. L’altezza (ampiezza) della differenza di potenziale è espressa in microvolts. Un microvolt corrisponde ad un milionesimo di volt. Dato che lo specialista viene informato sulle variazioni di potenziale elettrico in diversi punti contemporaneamente, l’elettroencefalografo deve possedere diversi sistemi di amplificazione e chiusi: compare il cosiddetto ritmo alfa, che peraltro scompare non appena gli occhi vengono aperti. Si pensa che questo fenomeno dipenda dal generale stato di rilassamento del paziente, al quale viene ripetutamente imposto di aprire e chiudere gli occhi in maniera che possano essere chiaramente registrare le modificazioni del tracciato dell’EEG (elettroencefalogramma). Anche l’addetto alla registrazione dell’EEG dovrà registrare ogni richiesta e la conseguente reazione del paziente, il più accuratamente possibile, sullo stesso tracciato sul quale vengono registrare con procedimento automatico le variazioni di potenziale elettrico.
Metodi di induzione
Oggi, oltre alla richiesta di chiusura e di apertura degli occhi, vengono usati normalmente altri metodi per ottenere risposte da registrare come variazioni caratteristiche del tracciato.
Poiché si tenta di indurre modificazioni esprimibili nel tracciato, si parla comunemente di metodi di provocazione della risposta.
1. Iperventilazione
Al paziente viene chiesto di respirare profondamente per circa tre minuti consecutivi. Nel far ciò viene emessa una quantità di anidride carbonica maggiore del normale, causando così la diminuzione della quantità di CO contenuta nel sangue. Il che, tra l’altro, si traduce nel restringimento del lume dei vasi sanguigni del cervello, dando informazioni anche sui margini di sicurezza dell’attività cerebrale di un individuo. In generale, le onde lente del tracciato EEG compaiono come risultato di un aumento dell’attività respiratoria. In queste circostanze, che sono sfavorevoli per l’attività cerebrale, taluni disturbi, come quelli che si verificano in caso di epilessia, vengono accentuati. Questa registrazione è più evidente se il paziente tiene gli occhi chiusi, mentre ad occhi aperti le modificazioni del tracciato in iperventilazione sono in parte registrabili.
2. Stimolazione con lampi luminosi
In alcuni casi i sintomi dell’epilessia sono più facilmente rilevabili se il paziente viene colpito da lampi luminosi. Usando questo accorgimento si può anche diagnosticare una malattia dell’andamento subdolo e latente. La risposta cerebrale diviene immediata quando la stimolazione luminosa è quantificabile attorno a un numero di 15-18 lampi al secondo. Se il paziente dimostra una reazione evidentemente positiva si può ammettere la possibilità di insorgenza di un attacco epilettico. Un attacco del genere non riveste caratteri di particolare pericolosità, ma può dimostrarsi molto importante nella diagnosi esatta del disturbo. Nello stesso tempo è possibile seguire accuratamente, attraverso l’entità delle manifestazioni muscolari durante l’attacco, lo stadio e il progresso della malattia.
3. Registrazioni dell’elettroencefalogramma (EEG) durante il sonno
Ogni registrazione di EEG dovrebbe, se possibile, includere un periodo di sonno. Il sonno è accompagnato da modificazioni particolarmente caratteristiche dell’EEG. Nei casi in cui questi segnali sono o assenti o troppo forti si è facilmente in presenza di gravi disturbi cerebrali. L’esperienza ha dimostrato che se l’ambiente in cui il paziente giace supino viene oscurato per 5 o 10 minuti, l’elettroencefalogramma (EEG) comincia a mostrare un tracciato caratteristico simile a quello registrabile durante il sonno.
Caratteristiche dell’elettroencefalogramma (EEG)
La definizione delle diverse caratteristiche dell’elettroencefalogramma o EEG è fatta in base al numero di onde al secondo (frequenza espressa in Hertz), al potenziale elettrico (voltaggio) e alla grandezza di deflessione rispetto alla linea di base espressa in microvolts e ai vari tipi di deflessione, come ad esempio la presenza di punte o di insiemi di onde.
Il campo di frequenze dell’EEG è delimitato mediante lettere dell’alfabeto greco:
- delta 0-3,5 onde al secondo;
- teta 4-7 onde al secondo;
- alfa 8-13 onde al secondo;
- beta 14-40 onde al secondo.
Nell’elettroencefalogramma (EEG) di un adulto in condizioni normali in stato di veglia la frequenza alfa rappresenta il primo e il più comune segnale registrabile. Si parla di onda alfa, alfa ritmo e alfa EEG.
1. Alfa ritmo
Il numero di onde nell’alfa ritmo varia da 8 a 13 al secondo. In numerosi individui la frequenza è piuttosto costante, e subisce mutamenti di non più di 1-2 onde al secondo. In altri casi l’alfa ritmo può variare da 8 a 14 onde senza essere per questo considerato un tracciato anomalo. In in individuo normale raramente si osserva un alfa ritmo che presenta più di 8 onde al secondo. Il voltaggio dell’onda alga, misurato in condizioni normali attraverso la scatola cranica, registra approssimativamente 50-70 microvolts; occasionalmente può essere maggiore o minore. Durante la registrazione effettuata direttamente dal tessuto cerebrale, mediante l’uso di un sottile elettrodo di metallo, il voltaggio del potenziale massimo è molto alto, perché vengono eliminate le interferenze e le dispersioni della scatola cranica e della pelle. L’alfa ritmo generalmente ha un andamento regolare e continuo anche se sono possibili variazioni individuali. In alcuni individui il ritmo è molto irregolare, spesso scompare o si presenta solo occasionalmente. Questo non è necessariamente sintomo di gravi disturbi cerebrali. Il ritmo alfa può essere registrato più precisamente da elettrodi posti nell’area posteriore del cranio laddove è situata la regione encefalica che riceva ed elabora i segnali provenienti dalla retina.
Considerando il rapporto univoco intercorrente tra l’apertura e la chiusura degli occhi e la comparsa del ritmo alfa, si è appurato che i fenomeni che concernono l’alfa vengono influenzati dagli stimoli che raggiungono il cervello passando attraverso la retina e il nervo ottico. Quando un individuo psichicamente e fisicamente in stato di riposo apre gli occhi il voltaggio dell’alfa ritmo si abbassa e alcune volte scompare del tutto. Normalmente, se gli occhi rimangono aperti, esso non ritorna regolarmente ma compare saltuariamente per qualche tempo. In molti individui l’alfa ritmo può scomparire se questi intraprendono una attività mentale come ad esempio quella di fare calcoli.
Sebbene normalmente si parli di un alfa ritmo, bisogna specificare che ad una più attenta osservazione dei tracciati si possono individuare diverse aree cerebrali da cui è possibile registrare altrettanti ritmi alfa. Le differenze tra questi sono però così piccole da potere tranquillamente parlare di un alfa ritmo.
2. Beta ritmo
Questa variazione del potenziale elettrico del cervello si dimostra attraverso un gran numero di onde al secondo (frequenza 14-40) ma un voltaggio molto basso (circa 20-30 microvolts), in rapporto al già osservato alfa ritmo. Il beta ritmo si verifica frequentemente, in piccole o grandi serie di onde, e normalmente in sequenze non più lunghe di uno – due secondi. Viene normalmente registrato, al contrario del’alfa ritmo, nella regione anteriore della scatola cranica, cioè in corrispondenza della parte frontale degli emisferi cerebrali. Il beta ritmo viene osservato spesso nel corpo di alcune forme di attività cerebrale per le quali è richiesta una intensa concentrazione.
Nel caso in cui, ad esempio, il paziente stia eseguendo dei calcoli si verifica frequentemente la sostituzione dell’alfa ritmo col beta ritmo.
3. Delta ritmo
La frequenza di questo ritmo elettroencefalografico varia da 0 a 3,5 onde per secondo. In individui normali la frequenza non è mai più bassa di due onde al secondo. Il voltaggio è basso e non supera mai i 50 microvolts. Questo ritmo si manifesta irregolarmente, in genere con onde isolate. Il delta ritmo di solito viene registrato mediante elettrodi collocati sopra i lobi temporali del cervello. L’attività delta varia da individuo a individuo e manifesta spesso grandi differenze anche nello stesso individuo se l’elettroencefalogramma o EEG è registrato in tempi diversi.
4. Teta ritmo
Questo ritmo è caratterizzato da onde aventi una frequenza variante da 4 a 7 al secondo, mentre per il voltaggio in genere non supera i 50 microvolt. Il teta ritmo si presenta con irregolarità e viene quasi sempre registrato mediante elettrodi posti sopra i lobi temporali del cervello.
L’EEG (elettroencefalogramma) fatto a un bambino differisce per diverse caratteristiche da quello di un adulto. Dalla nascita fino ai sedici anni circa, l’elettroencefalogramma si modifica in modo evidente. Durante questo periodo si assiste a variazioni piccole e grandi. Immediatamente dopo la nascita si può osservare una limitata attività dell’EEG (elettroencefalogramma) avente un numero limitato di onde, da una a tre al secondo, e un basso voltaggio. Nel periodo che intercorre tra le 3 settimane e i 3 mesi, il ritmo si sviluppa fino ad una frequenza di 2-4 onde al secondo, e così anche la deflessione e l’ampiezza del tracciato. Quindi il ritmo raggiunge lentamente una frequenza di 4-6 onde e più tardi di 6-8 onde al secondo, misurabili nella maggior parte dei casi dall’osso parietale e dall’osso occipitale. Le misurazioni si ottengono al meglio quando il bimbo tiene gli occhi chiusi e il tracciato è paragonabile a quello di un alfa ritmo di un adulto. Durante la crescita la frequenza aumenta sino a raggiungere le 8-10 onde al secondo, in bambini tra i 4 e i 6 anni, dopo di che si può cominciare a parlare di un normale e vero alfa ritmo.
La frequenza cresce ancora fino a raggiungere verso i dieci anni la stessa frequenza misurabile in un adulto. L’insieme del tracciato EEG non è ancora identico a quello di un adulto, in quanto mediante la registrazione effettuata con elettrodi posti nella zona occipitale, si possono individuare delle variazioni, le cosiddette alfa varianti. Queste varianti sono onde in cui l’alfa ritmo contribuisce in ragione di un mezzo, un terzo della frequenza complessiva. Durante lo sviluppo adolescenziale queste alfa varianti scompaiono e a 16 anni l’elettroencefalogramma (EEG) è del tutto simile a quello di un adulto.
Esempi di elettroencefalogrammi anormali
1. Epilessia
Le analisi elettroencefalografiche hanno contribuito in modo significato all’identificazione di molti dei fenomeni che accompagnano l’epilessia. Taluni esiti EEG sono strettamente connessi alla presenza di fatti epilettici e vengono osservati esclusivamente negli epilettici; altri sintomi vengono registrati anche in pazienti sofferenti di altri disturbi cerebrali. In relazione alla natura del disturbo si osservano nell’EEG i cosiddetti sistemi o complessi di onde a picco con una frequenza di 3 onde al secondo e un voltaggio, alto, di 250-400 microvolts, e picchi con frequenze comprese tra 10-20 onde, sempre ad alto voltaggio. Il quadro è accostabile alla sintomatologia dell’attacco epilettico. I modi e i mezzi per prevenire le variazioni brusche del potenziale elettrico sono in rapporto con la natura del male e con la regione encefalica che ne è responsabile. La caratteristica più comune è che la deviazione nel tracciato EEG che accompagna l’epilessia appare come una serie di onde di lunga durata o di improvvisi picchi.
Il periodo coincidente con l’attacco epilettico può essere differenziato dai periodi immediatamente precedente e successivo a causa del maggior voltaggio elettrico e a causa della differenza di forma.
2. Disturbi del rifornimento ematico
La natura delle deviazioni riscontrabili in un tracciato EEG dipende dall’entità dei disturbi dell’attività cerebrale. La presenza di carenze del rifornimento ematico al cervello porta quasi sempre alla distruzione di cellule nervose determinando la sospensione dell’attività di alcune zone. Un danno lieve, che provochi minimi disturbi all’attività cerebrale, determina la comparsa di onde a bassa frequenza, come le teta onde. Se la natura del danno è più grave il risultato è dato da onde lente o molto lente. Non è possibile quantificare le differenze a livello di vasi sanguigni cerebrali servendosi solo delle modificazioni del tracciato EEG. Comunque, qualunque siano le cause, il risultato del disturbo è quasi sempre rappresentato dalla distruzione di cellule cerebrali o di una zona limitata del tessuto nervoso.
3. Tumori al cervello
Il tumore non è di per sé causa di differenze del potenziale elettrico, poiché i tessuti tumorali non sono elettricamente attivi. La comparsa di modificazioni rispetto al normale tracciato EEG è anche il risultato di un differente lavoro delle cellule nervose circostanti, di solito provocato dalla pressione esercitata dalla massa tumorale sui tessuti cerebrali. Il che si può tradurre in un funzionamento meno adeguato che porta alla formazione di onde aventi una frequenza minima; è però anche possibile che la depolarizzazione delle cellule nervose cresca a causa dell’irritazione dei tessuti tumorali. È di grande importanza ai fini della localizzazione della massa tumorale il fatto che in essa si sviluppi una zona di attività elettrica nulla. Nelle zone immediatamente circostanti è facile riscontrare, a causa della pressione della massa stessa, una attività a bassa frequenza (frequenza delta). Più grave è il disturbo, e più diffuso, più bassa è la frequenza dell’attività delta. Se la malattia è meno grave, la frequenza riscontrabile è maggiore ed è possibile riscontrare localmente una attività teta. Il voltaggio delle onde è in un certo grado proporzionale al numero di cellule nervose coinvolte nella malattia cerebrale. La frequenza e il voltaggio possono anche aiutare a localizzare la malattia e a seguirne lo sviluppo, determinando anche l’entità del danno a livello tissutale. Un tumore con una zona elettricamente inattiva può essere circondato da un’area di emissione di delta onde a sua volta circondata da una zone ad emissione di teta onde.